chi crea contenuti testuali, foto e video di natura sessuale per poi pubblicarli su siti specifici al fine di vendere tale materiale e ricavarne profitto, è una prostituta?
non è remoto che si possa essere additati come tali.
generalmente, l'archetipo della prostituta è la donna posta sul marciapiede che offre prestazioni sessuali in cambio di denaro.
ci sono anche le loft - prostitute di appartamento - che ricevono in casa.
le squillo - generalmente ragazze molto giovani (tra i 18 e i 22 anni) - che si recano a chiamata presso il domicilio del cliente.
anche le escort vengono definite prostitute, con la differenza che sono più costose delle precedenti ma, anche tra le escort, c'è una distinzione: abbiamo ulteriormente le escort di lusso, ergo cortigiane di alto livello.
la escort, nel senso letterario del termine, funge anche da accompagnatrice, quindi oltre le prestazioni sessuali può scortare il cliente durante viaggi di lavoro, svago, oppure accompagnarlo per cene, eventi..
ci sono anche le vittime di tratta umana, rese schiave sessuali, anche loro definite prostitute - il termine corretto sarebbe ed è prostituite.
una cosa in comune fra tutte le sex worker sopra citate, rispetto a chi si spoglia solo virtualmente, è che hanno rapporti sessuali concreti con il cliente.
ulteriore chiarimento: le vittime di tratta non sono libere di vendere sesso, ovvero sono schiave sessuali.
viceversa, fare la sex worker presuppone che l'individuo maggiorenne scelga spontaneamente, liberamente e di sua volontà, di offrire servizi di natura sessuale in cambio di denaro.
ho scritto un libro molto chiaro a tal proposito in cui ho parlato della mia ex professione, vi posto il link https://amzn.to/3YsvGzm
"la cortigiana nei tempi moderni - il ruolo della escort nella vita del cliente". disponibile solo su amazon.
tornando al titolo, asserisco quanto segue: mostrarsi in atteggiamenti di natura sessuale in cambio di denaro, anche se avviene solo virtualmente, è a tutti gli effetti prostituzione.
secondo la legge svizzera del 22 gennaio 2018, articolo2, È considerata prostituzione ai sensi della legge ogni attività volta a mettere a disposizione il proprio corpo o a praticare manipolazioni del corpo dei clienti, occasionalmente o per mestiere, con o senza congiunzione carnale, per il loro piacere sessuale in cambio di denaro o di altri vantaggi economici.
Con il termine prostituzione si indica l'attività di chi offre prestazioni sessuali, dietro pagamento di un corrispettivo in denaro o di altro compenso.
prestazióne s. f. [der. di prestare; cfr. lat. praestatio -onis «garanzia»]. – 1. a. Il prestare la propria opera nell’esecuzione di un lavoro, nell’espletamento di una attività, intellettuale o manuale: p. professionale; le sue p. sono state ben retribuite; p. di lavoro (o d’opera), l’attività che si svolge in un rapporto di lavoro subordinato; p. straordinarie, fuori orario, oltre l’orario di lavoro. In contesti allusivi (non necessariamente iron. o scherz.)
il termine è anche esteso a indicare la partecipazione, soprattutto se mercenaria, al compimento di atti sessuali.
sessuale: relativo al sesso, dal punto di vista anatomico, fisiologico e funzionale.
Relativo al sesso, sia dal punto di vista sociale, psicologico e del comportamento: educazione s. ; igiene s. ; vita s
pornografia: trattazione o rappresentazione di atti sessuali espliciti od osceni.
Ha affermato, infatti, la Sez. III del Supremo Collegio, con la pronuncia 3 Giugno 2004, n. 36157 B.N.[1] che “L’atto di prostituzione non implica di necessità la congiunzione carnale, comunque realizzata, o anche il solo contatto fisico tra i soggetti del rapporto, dovendosi invece far coincidere la relativa nozione con quella, assai più ampia, di prestazione sessuale a pagamento, qualificabile come tale ogni qual volta essa consista in comportamenti oggettivamente idonei a stimolare l’istinto sessuale del fruitore”.
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Con il termine prostituzione, secondo la definizione contenuta nella sentenza della Sez. III della Corte di Cassazione, 8 Ottobre 2004, n. 45785, Gamba[2], si intende testualmente “qualsiasi prestazione sessuale effettuata dietro corrispettivo, senza che la prestazione sessuale debba necessariamente consistere nella «congiunzione carnale»: infatti, qualsiasi attività diretta a eccitare e soddisfare la libidine sessuale del destinatario si configura come «prestazione sessuale» e integra prostituzione se è appositamente retribuita dal destinatario della medesima”[3].
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E’, infatti, pacifico che i giudici di legittimità, introducendo il concetto di prostituzione interattiva, rapporto che intercorre fra soggetti tra loro localmente distanti e collegati solo per via telematica, (nozione su cui ci si soffermerà in prosieguo), sconfessano clamorosamente la premessa che essi stessi hanno posto, manifestandosi, in realtà, invece, assolutamente sensibili alle evoluzioni del modo di vivere della società.
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Tornando alla definizione di prostituzione, si deve esaminare con grande rigore uno dei suoi elementi costitutivi e cioè la nozione di atti sessuali.
A dire della pronuncia della Sez. III della Corte di Cassazione, (3 Giugno 2004, n. 36157, B.N. cit.), l’atto sessuale che caratterizza la prostituzione non deve essere identificato con la congiunzione carnale o con il compimento di atti di libidine, giacché esso non è necessariamente qualificato dal contatto fisico tra i soggetti della prestazione e può consistere anche nell’esecuzione da parte di chi si prostituisce di atti sessuali di qualsiasi natura su se stesso in presenza di chi ha chiesto la prestazione, pagando un compenso, al fine di soddisfare la propria libidine.
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qualsiasi atto di disposizione del proprio corpo a fini sessuali, da parte del soggetto che si prostituisce (maschio o femmina), è il fondamentale elemento costitutivo delle condotte che assumono rilievo ai fini dell’identificazione del concetto di prostituzione.
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L’atto in questione, quindi, pare consistere in quella condotta che, ove posta in essere, risulti idonea a suscitare la brama di libidine del destinatario della stessa.
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In primo luogo, si può ipotizzare il caso di un soggetto che anche non masochisticamente chieda, comunque, quale prestazione remunerata, alla prostituta, (la quale comunque si presenti esteriormente ed atteggi in maniera particolarmente eccitante) di insultarlo e minacciarlo, perché in tale modo trae godimento sessuale, come, analogamente, si può ipotizzare il caso di chi, invece, intenda sfogare il proprio desiderio latente assumendo la veste di chi, viceversa, insulta o minaccia chi si prostituisce, remunerando tale prestazione a sfondo sessuale.
Ed ancora che dire di coloro che chiedano di raccontare o simulare esperienze erotiche o di leggere brani di testi erotici a persone che, contro il pagamento di somme di danaro, si presentino come a loro piena disposizione, ed attraverso tale pratica raggiungano la loro soddisfazione erotica.
Oppure si può citare l’esempio di coloro che ottengano sfogo alla loro brama, ascoltando altri che simulino per telefono orgasmi od atti sessuali, che, invece, non sono effettivamente compiuti.
In questi casi, infatti, si è in presenza di una plurima manifestazione di atti di disposizione del proprio corpo, attesa la contestuale utilizzazione di più parti dello stesso, atteso sia l’uso di una voce (più o meno suadente) in relazione a tematiche erotiche e la esposizione di altre parti del corpo a forte carica eccitante.
E che dire, poi, delle fotografie e di tanti noti calendari che ritraggono pose particolarmente provocanti.
Forse che essi non assolvono – anche se non primariamente e dichiaratamente forse – alla funzione di suscitare eccitazione in chi guardi tali immagini?
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Se, infatti, l’equazione costitutiva il lemma prostituzione, secondo la vigente giurisprudenza, si articola in:
1. generico atto dispositivo del proprio corpo a sfondo sessuale da parte di chi si prostituisce;
2. raggiungimento della soddisfazione sessuale da parte del destinatario dell’atto;
3. interazione fra la condotta prostitutoria ed il risultato della stessa;
4. pagamento di un corrispettivo per l’azione, è evidente che la asserita non necessarietà del contatto fisico fra chi si prostituisce e cliente apre vere e proprie praterie interpretative in relazione alla possibilità di configurare sia il fenomeno che le collaterali e consequenziali ipotesi di punibilità.
Va, quindi rilevato che la Suprema Corte pone, poi, uno specifico accento sulla possibilità che i soggetti interessati, cioè chi compia l’atto e chi ne fruisca, versino nella condizione di cd. interazione, situazione che si assume si possa verificare anche se costoro si trovino in luoghi diversi, purché i medesimi siano collegati, attraverso internet, in videoconferenza.
Tale interpretazione deriva dalla considerazione che si reputa possibile per l’utente-beneficiario della prestazione sessuale che si trovi in luogo distinto e differente da quello in cui sia la prostituta, di interagire con essa, così da poter chiedere (non diversamente da quanto potrebbe verificarsi nell’ipotesi di contemporanea presenza nello stesso luogo) a costei il compimento di atti sessuali determinati, che vengono effettivamente eseguiti e immediatamente percepiti e fruiti da colui che ordina la prestazione sessuale a pagamento.
Più che di interazione, però, a parere di chi scrive, in relazione al fenomeno della prostituzione si dovrebbe parlare di contestualità.
Interazione, infatti, tra i tanti significati semantici riconosciuti, può assumere quello relazione od influenza reciproca fra due persone.
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Si pensi allora, sempre per rimanere rigorosamente collegati all’esempio portato dalla massima, a danze a contenuto dichiaratamente erotico che vengono ballate in locali ove il pubblico entra a pagamento e, quindi, versa danaro per assistere ad una prestazione suscettibile di provocare piacere sessuale in chi vi assista.
In questo caso le danzatrici, pur non svolgendo dichiaratamente attività di prostituzione, compiono atti che oggettivamente possono rientrare nella nozione in questione.
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